Differenze, caratteristiche e modalità di svolgimento.
Lo stretching, strumento utilizzato per migliorare la flessibilità di qualunque articolazione, può essere non solo statico e dinamico ma anche attivo e passivo. Queste metodologie spesso vengono confuse tra di loro: confusione che nasce dal fatto che lo stretching dinamico è sempre del tutto attivo, mentre quello statico può essere sia attivo che passivo.
In questo articolo si esaminerà la differenza tra lo stretching attivo e passivo.
Indice dei contenuti
LO STRETCHING ATTIVO
Lo stretching attivo è caratterizzato dal fatto che l’allungamento del muscolo avviene grazie alla contrazione del suo muscolo antagonista: quando un muscolo si contrae, l’agonista deve obbligatoriamente decontrarsi ed allungarsi per permettere il movimento.
Questo meccanismo è quello che avviene quando si vuole svolgere dello stretching dinamico.
Ad esempio, come riporta la Figura1, per avere un’estensione di ginocchio attiva si deve contrarre il muscolo quadricipite (muscolo agonista) il quale può contrarsi solo perché il suo antagonista, i muscoli flessori di ginocchio, si sono allungati. Tale esercizio di stretching attivo può essere svolto sia in maniera dinamica che statica.
LO STRETCHING PASSIVO
Lo stretching passivo è caratterizzato dal fatto che l’allungamento di un muscolo avviene grazie a una forza esterna applicata che ha come obiettivo quello di portare in tensione un determinato muscolo o gruppo muscolare. Questo comporta, a differenza dello stretching attivo, un totale rilassamento della muscolatura dell’articolazione in esame.
La forza esterna può essere applicata in svariati modi: o direttamente dal soggetto (esempio riportato nella Figura2 in cui si svolge un esercizio di stretching del quadricipite dalla posizione in piedi) o con l’aiuto della forza di gravità (Figura3) oppure con l’aiuto di un assistente (fisioterapista, allenatore, compagno di squadra).
Il totale rilassamento della muscolatura comporta il fatto che i tessuti vengono allungati senza avere la possibilità di una contrazione muscolare che si opponga all’allungamento; è necessario però fare attenzione a non esagerare con la tensione applicata in quanto un’eccessiva tensione porterebbe il sistema nervoso a difendere l’articolazione contraendo di risposta il muscolo in allungamento.
STRETCHING ATTIVO VS PASSIVO
Non ci sono prove del fatto che uno sia più efficace dell’altro, ma si può affermare che i risultati prodotti sono diversi.
Lo stretching attivo permette di armonizzare quello che è il rapporto tra agonista antagonista, migliorando la flessibilità dell’articolazione.
Lo stretching passivo permette invece di lavorare al meglio sull’allungamento della struttura muscolare contrattile e non del sistema muscolo.
Facendo un paragone informatico si può dire che quello attivo lavora di più sul software che gestisce la flessibilità (sistema nervoso), mentre quello passivo lavora sull’hardware dell’articolazione (muscolo, tendini, capsula articolare, ecc…)
CONCLUSIONI
Ogni atleta ed allenatore hanno a disposizione più strumenti per migliorare la flessibilità e il loro utilizzo e la loro scelta dipende da diversi fattori come, per esempio, dal tipo di atleta, dalla sua condizione e da cosa dovrà fare subito dopo questa pratica.
Ad esempio, uno stretching attivo è consigliato prima di una performance, mentre quello passivo può essere utilizzato al fine di creare degli adattamenti sul medio e lungo periodo.
Il consiglio è quello di scegliere in modo consapevole la miglior pratica da utilizzare tenendo sempre in considerazione gli obiettivi che si vogliono aggiungere: che sia performance sportiva o recupero da un infortunio è necessario utilizzare lo stretching giusto per avere i migliori risultati possibili.