Il termine stretching viene utilizzato per tutte le metodologie esistenti che hanno come obiettivo quello di migliorare la flessibilità di chi lo pratica.
In letteratura e nella pratica esistono due diversi tipi di stretching: quello statico e quello dinamico. Esse sono metodologie molto diverse tra loro, che si differenziano per tempistiche e svolgimento ma specialmente possono essere scelte da chi lo pratica in base alle proprie caratteristiche corporee e agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
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QUAL È LO STRETCHING MIGLIORE DA PRATICARE? ED È MEGLIO LO STRETCHING STATICO O QUELLO DINAMICO?
A queste domande non esiste una risposta universale perché, come già precedentemente anticipato, sono metodologie diverse tra di loro.
Si può affermare con certezza che sono entrambi efficaci nel migliorare il ROM (Range Of Movement) del soggetto che li pratica e, come indicato dall’American College Of Sport Medicine (ACSM), queste due metodologie sono efficaci nel miglioramento della flessibilità umana.
Quindi la vera domanda che bisogna porsi è: quando serve fare lo stretching statico e quando lo stretching dinamico?
LO STRETCHING STATICO
Il più classico tra gli stretching è lo Stretching Statico, quello che da più anni viene utilizzato in tutti gli sport e discipline fisiche, ovvero posizioni che si tengono per 15/30 secondi, e dove si percepisce l’allungamento della muscolatura.
Tutti i testi che parlano di questo argomento precisano il fatto che è consigliato effettuare più serie per ogni esercizio di allungamento; ciò vuol dire che, come per la forza, anche per lo stretching statico, si devono svolgere più serie dello stesso esercizio per avere un miglioramento della flessibilità. Il lavoro di allungamento non deve essere estremo, ma come molti studi suggeriscono, l’ideale sarebbe quello di raggiungere e tenere una tensione inferiore a quella massima sopportabile dal muscolo, questo perché se si esagera, il sistema nervoso interviene per difendere la muscolatura attraverso la contrazione del muscolo che si vuole allungare.
Infine, lo Stretching Statico viene svolto quando si vuole cercare di avere un adattamento della muscolatura sul lungo periodo ovvero si vuole ottenere un adattamento strutturale ma per ottenere tale risultato esso deve essere svolto con costanza più volte alla settimana, con la metodologia sopra citata.
LO STRETCHING DINAMICO
Lo Stretching Dinamico consiste invece in movimenti molto ampi che portano le articolazioni al limite del movimento consentito e che solitamente richiamano i gesti tecnici di un determinato sport. Questa metodologia permette di preparare le strutture e il sistema nervoso ad armonizzare la reciproca inibizione muscolare ovvero contrarre e rilassare i muscoli agonisti ed antagonisti di quel determinato movimento.
Lo Stretching Dinamico, a differenza dello Statico, permette di riscaldare la muscolatura che viene sollecitata, questo naturalmente solo per effetto del movimento che determina l’innalzamento della temperatura dei muscoli interessati dal momento e prepara il sistema nervoso ad inibire i muscoli antagonisti di un determinato movimento.
Questo tipo di stretching risulta più utile nelle fasi di riscaldamento pre-gara o pre-allenamento, ma non assicura degli adattamenti sul lungo periodo.
Anche nel caso dello Stretching Dinamico, l’American College Of Sport Medicine consiglia di effettuare più ripetizioni e serie dello stesso esercizio e può essere svolto per una o più articolazioni contemporaneamente ed è più efficace se a svolgerlo sono atleti che dimostrano una buona percezione del corpo dal momento dal momento che risulta più pericoloso rispetto allo statico.
STRETCHING STATICO VS STRETCHING DINAMICO
Quindi, quando usare lo Stretching Statico e quando usare il Dinamico? Non esiste una risposta assoluta a questa domanda perché la scelta è data da diversi fattori: dipende dalla seduta di allenamento o dalla gara che si sta preparando, dalla valutazione dell’atleta e soprattutto dagli obiettivi che si vogliono raggiungere.
La diffusa affermazione “dinamico prima della gara, statico durante gli allenamenti” risulta un po’ grossolana in quanto non è detto che un atleta non abbia bisogno di fare statico prima di una gara (Usain Bolt ha fatto stretching statico prima dei suoi record del mondo) e che un atleta non abbia necessità di stretching dinamico prima dei suoi allenamenti.
Non esiste quindi una regola fissa da rispettare ma bisogna analizzare la situazione, il nostro atleta e conoscere bene la differenza che esiste tra le due metodologie e capire i benefici che porta la corretta esecuzione degli esercizi può portare.
CONCLUSIONI
Un primo consiglio utile è quello di analizzare la flessibilità statica iniziale per capire dove realmente c’è la necessità di compiere esercizi di stretching e dove invece risulta superfluo effettuarlo e cercare di verificare perchè si è particolarmente flessibili in determinati movimenti e in altri non. Inoltre, è necessario definire gli obiettivi, sapere quindi se lo si sta compiendo per migliorare la performance o per questioni di salute.
Il consiglio poi principale è quello di affidarsi a preparatori atletici validi che conoscano le metodologie e possano analizzare la situazione: un bravo trainer, dopo aver analizzato il corpo, saprà suggerire il giusto stretching da fare.
Se invece si vuole approfondire la materia, si consiglia il libro: “Stretching e Flessibilità – teoria tecnica e didattica” scritto dal Prof. Maurizio Tripodi.