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CAUSE DI ASSENTEISMO SUL POSTO DI LAVORO: L’ATTIVITÀ FISICA PUÒ AIUTARE?

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Tempo di lettura medio: 6 minuti

A fine dicembre 2014 è stata presentata dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) uno studio riguardante la “Salute e Sicurezza sul lavoro”, risultato della raccolta dei dati relativi al II trimestre 2013 sulle Forze Lavoro dei paesi membri della Comunità Europea
Obiettivo dello studio era quello di misurare l’esposizione dei fattori di rischio per la salute dei lavoratori a partire dalla percezione soggettiva degli stessi, la rilevazione della presenza di problemi di salute provocati o resi più gravi dall’attività lavorativa e del fenomeno degli infortuni sul lavoro.
Il questionario utilizzato affrontava i seguenti temi: infortuni, problemi di salute e percezione della presenza di fattori di rischio per la salute sui luoghi di lavoro.
Inoltre, l’indagine raggruppava i fattori di rischio in due distinte categorie:

  • Fisici: esposizione a polveri, gas, esalazioni, fumi, sostanze chimiche, esposizione a rumori eccessivi o vibrazioni, l’assunzione di posture dannose, spostamenti di carichi pesanti o movimenti che si ripercuotono negativamente sulla salute ed esposizione ad un generico rischio di infortunio;
  • Psicologici: carico di lavoro eccessivo, fenomeni di prepotenza o discriminazione, minacce o violenze fisiche.

I fattori di rischio

Nel secondo trimestre 2013, 714 mila persone hanno dichiarato di aver subito nei dodici mesi precedenti l’intervista, almeno un infortunio sul luogo di lavoro o durante il tragitto casa-lavoro: esse costituiscono il 2,9% di coloro che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa negli ultimi 12 mesi.
Di queste, 531 mila hanno subìto almeno un infortunio sul luogo di lavoro e 193 mila almeno un infortunio nel tragitto casa-lavoro.
Il fenomeno si è riscontrato più diffuso fra gli uomini (che complessivamente rappresentano il 67,8% degli infortunati), il cui tasso è pari al 3,3% contro il 2,2% delle donne: incidenze maggiori si riscontrano tra gli adulti di età 35-54 anni (2,9%) e tra gli anziani di età 55-64 anni (3,3%). Oltre la metà degli infortunati risiede nel Nord del paese, ma in termini di percentuali è il Centro che registra il valore più elevato, 3,1%, mentre nel Mezzogiorno la quota è più contenuta (2,4%).
Oltre la metà degli intervistati hanno dichiarato disturbi di salute dovuti ad un problema osseo, articolare o muscolare (59,0%), in particolare alla schiena (29,5%).
Problemi di salute di natura psicologica come lo stress, la depressione e l’ansietà sono avvertiti dall’11,9%.
Tra i fattori di rischio, i più diffusi sono i movimenti ripetitivi della mano e del braccio (43,6%) e l’infortunio (40,2%); gli uomini e gli operai sono i lavoratori maggiormente esposti.

problematiche di salute

Composizione percentuale anno 2013 degli occupati e non con precedente esperienza di lavoro che hanno dichiarato problemi di salute dovuti all’attività lavorativa

Il problema alla schiena, maggiormente indicato dai lavoratori ed ex-lavoratori, riguarda in modo molto più accentuato i cittadini stranieri (42,1%) rispetto agli italiani (28,5%).

Per tutti gli altri problemi, il disagio degli italiani è maggiore di quello degli stranieri: i problemi osteo-muscolari che non contemplano la schiena riguardano di più le donne (35,2%) rispetto agli uomini (25%); lo svantaggio maschile è maggiore per i problemi cardiovascolari e di udito e in misura più limitata per i problemi respiratori e per la schiena.

Le assenze

Tra quanti hanno sofferto di problemi di salute negli ultimi 12 mesi, 1 milione 473 mila (il 52,9%) hanno avuto problemi di salute che non hanno comportato giorni di assenza dal lavoro; il 9,1% è stato invece assente per più di un mese e il 10,6% dichiara di non essere più in grado di lavorare a causa di questo problema.

I disturbi alla vista e all’udito sono le cause che meno delle altre hanno comportato giorni di assenza: tre persone su quattro che soffrono di disturbi alla vista non sono state assenti per questo problema. I problemi cardiovascolari e allo stomaco, fegato, reni e digestione sono quelli che hanno, invece, più degli altri, inciso negativamente sulla possibilità di svolgere l’attività lavorativa: oltre una persona su tre che soffre di problemi cardiovascolari non è più in grado di lavorare per questo problema; la proporzione di chi invece soffre di problemi di stomaco, fegato, reni o digestione è di oltre una persona su quattro.

durata assenza lavorativa

Composizione percentuale anno 2013 degli occupati e non con precedente esperienza di lavoro per durata dell’assenza.

 

Le attività più a rischio

Gli operai sono la maggioranza degli infortunati (253 mila, il 52,6%). Tra i lavoratori alle dipendenze, gli operai registrano il tasso di infortunio più elevato (3,2%), mentre tra i dirigenti e quadri si rileva il tasso più basso (1,3%). Tra i lavoratori autonomi, la quota minima risulta per gli imprenditori e i liberi professionisti (0,7%), mentre la percentuale più elevata si registra per i lavoratori in proprio (2,4%).

Quattro sono i settori di attività economica che raccolgono circa il 60% degli infortunati: industria in senso stretto (27,2%), commercio (12,4%), costruzioni (11,1%) e sanità (9,4%).

settore di attività economica

Settore di attività economica con incidenza degli infortuni in percentuale. Anno di riferimento II trimestre 2013.

 

Considerazioni

I dati ISTAT sopra riportati hanno evidenziato come l’assenteismo dovuto a problemi fisici (mal di schiena, collo, spalle e arti inferiori) sia un problema evidente e di grossa entità; a questo va aggiunto anche la percentuale di lavoratori che hanno dichiarato di soffrire di stress, depressione, ansietà.

Inoltre, come ricorda il Ministero della Salute, (pub. “La Nostra Salute, 3 ottobre 2013), la lombalgia (cioè il dolore alla colonna vertebrale, il complesso funzionale che fa da pilastro all’organismo umano) è un disturbo estremamente frequente in età adulta, con massima incidenza in soggetti tra 40-50 anni di entrambi i sessi. Circa l’80% della popolazione ne è colpito almeno una volta durante la vita ed è tra le più frequenti cause di assenza dal lavoro, ha perciò un’elevata incidenza socio-economica.

Tale situazione evidenzia quindi una duplice problematica: da una parte quella dell’azienda e dall’altra quella del lavoratore. La prima si trova di fronte ad un danno economico dovuto alla mancanza dei suoi operatori e alla messa in discussione dei suoi sistemi produttivi, il secondo si trova a fronteggiare una situazione di dolore, di impossibilità di movimento (nel caso specifico della lombalgia) e un danno economico personale per le cure mediche (problematiche che si ripercuotono anche nella vita sociale del lavoratore).

In entrambi i casi il danno è prevalentemente di tipo economico; unico “segreto” per cercare di migliorare tale situazione è lavorare sulla prevenzione.

Prevenzione in senso molto ampio del termine:

  • prevenzione individuale: riferito ai lavoratori/cittadini, in quanto avere un corpo forte e sano riduce i costi delle spese mediche che si andranno a sostenere nel corso della vita in aggiunta a una riduzione delle situazioni di dolore che incide, in maniera negativa, nella qualità della vita;
  • prevenzione aziendale: mettere a conoscenza i propri lavoratori su atteggiamenti e posture sbagliate, movimenti errati e fornire supporti ergonomici sono strategie che, a lungo termine, consentono di diminuire l’assenteismo sul posto di lavoro;
  • prevenzione sociale: se i lavoratori/cittadini hanno un corpo sano, la spesa sanitaria che lo Stato deve fronteggiare, si riduce. La Repubblica, tramite l’art 32 della Costituzione, articolo sulla tutela della salute del cittadino, sancisce la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Lavorare sulla prevenzione è l’unico modo per far sì che la propria collettività diminuisca tali cure e che la spesa economica riferita ad essa possa ridursi.