Conoscere e applicare la core stability in modo corretto ed efficace nel mondo dello sport
Che cos’è la core stability e quali muscoli coinvolge?
In questi ultimi anni questo termine anglosassone è entrato sempre più frequentemente nelle nostre vite e molti personal trainer e preparatori atletici utilizzano questo concetto per spiegare quanto sia importante non lasciare nulla al caso ed intervenire fin da subito con semplici esercizi che possono migliorare sensibilmente il benessere di ciascun individuo.
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Bisogna però stare molto attenti ad utilizzare la parola “core stability” per evitare un uso errato della stessa, descrivendo e classificando qualsiasi tipo di esercizio allo stesso modo.
La CORE STABILITY è infatti la capacità di mantenere un equilibrio della colonna vertebrale (stability) grazie alla perfetta coordinazione ed attivazione dei muscoli del complesso lombo-pelvico (core), riducendo al massimo le perturbazioni e le compensazioni che potrebbero condizionare il risultato finale.
In letteratura scientifica sono diverse le classificazioni anatomiche dei muscoli che compongono il core, ma la suddivisione classica prevede la distinzione in base alla funzione che ciascun muscolo ricopre.
Esistono perciò muscoli stabilizzatori locali, stabilizzatori globali e mobilizzatori globali.
Gli stabilizzatori locali (multifido, quadrato dei lombi), sono muscoli profondi in grado di protrarre una contrazione per lungo tempo e che garantiscono stabilità alle articolazioni.
Gli stabilizzatori globali (lunghissimo del dorso, trasverso dell’addome) si trovano in uno strato intermedio e sono muscoli antigravitari che assicurano stabilità e che permettono i movimenti del rachide.
I mobilizzatori globali (glutei, obliquo interno ed esterno e retto dell’addome) sono invece i più superficiali che non contribuiscono alla stabilizzazione ma permettono di realizzare movimenti più ampi.
Un lavoro sinergico di tutte le parti appena descritte permette uno sviluppo armonico di tutto il corpo, rendendo i movimenti efficaci e garantendo benessere generale.
A che cosa serve questa metodica?
Gli esercizi di core stability risultano ben accettati e graditi dalla maggior parte della popolazione sia perché trattasi di una metodica, se eseguita correttamente, low-cost che non necessita di grandi attrezzature, sia perché è possibile eseguirla in spazi anche ridotti. Per la sua efficacia invece è sempre più utilizzata dagli specialisti nelle prassi di riabilitazione e diversi studi hanno dimostrato la sua efficacia anche nel prevenire possibili infortuni, soprattutto in atleti.
In particolare, per confermare l’efficacia della core stability in fase riabilitativa Hodges et al., esaminando i tempi di attivazione muscolare durante movimenti con la parte superiore ed inferiore del corpo in pazienti con lombalgia, ha notato come vi sia un ritardo di reclutamento sia per quanto riguarda il muscolo trasverso sia per quanto riguarda il gluteo massimo, avendo di conseguenza una scarsa stabilizzazione dell’articolazione sacro-iliaca.
Sulla stessa linea di pensiero anche Wang et al. ha dimostrato come con semplici esercizi di core stability si registrano risultati migliori rispetto all’utilizzo di esercizi generali in pazienti con problemi di lombalgia durante i primi tre mesi di utilizzo.
Anche in ambito sportivo è stato più volte dimostrato come, mantenendo attivi i muscoli precedentemente citati, si abbassando le probabilità di un futuro infortunio.
Core stability e sport: quali sono i consigli per non esagerare ed effettuare una progressione corretta?
In ambito sportivo come visto in precedenza la pratica della core stability è fondamentale più che per migliorare la performance, per evitare infortuni che potrebbero condizionare la stagione agonistica non solo dell’atleta ma anche dell’intera squadra.
E’ necessario perciò effettuare all’inizio della preparazione atletica test e valutazioni posturali (overhead squat assessment, valutazioni FMS) e ripeterli a metà e alla fine del campionato per verificare e tenere sotto controllo la situazione.
Tenendo in considerazione il punto di partenza di ciascun atleta, bisognerà successivamente individualizzare il lavoro che ognuno andrà a svolgere. Gli esercizi andranno proposti tenendo in considerazioni i “punti forti” e i “punti deboli”, ricercando una progressione realizzabile che andrà aggiornata attentamente una volta che gli obiettivi vengono raggiunti e superati.
La parola chiave perciò per un’ottima programmazione è GRADUALITA’.
I primi esercizi da somministrare saranno principalmente indirizzati al controllo neuromuscolare, stimolando perciò gli stabilizzatori locali attraverso esercizi di controllo della respirazione addominale, si potrà poi passare a veri e propri esercizi di stabilizzazione (bird-dog, supine bridge, dead bug), per arrivare come ultima evoluzione ad esercizi di stabilità dinamica ed esercizi sport-specifici.
Come aumentare la difficoltà degli esercizi proposti?
Aumentare la difficoltà degli esercizi non è facile. Bisogna essere padroni della materia e non lavorare per sentito dire o perchè si è visto un esercizio complicato svolto da un atleta professionista.
Niente deve essere trascurato e serve la massima serietà per non creare problemi anziché benefici.
Le variabili per ciascun esercizio sono molteplici e in particolare si può aumentare la difficoltà dell’esercizio rendendolo dinamico anziché statico, inserendo superfici instabili, combinando più movimenti contemporaneamente oppure cercando di rendere il movimento del singolo esercizio il più possibile simile al gesto sportivo.